La shopping-terapia funziona davvero?
Sembra far bene contro la tristezza e l'umore cupo.
I dubbi sono molti circa questa forma di “terapia”, nata nell’era del consumismo sfrenato.
“Fare spesa” e “fare shopping” sono due attività apparentemente uguali.
Nel primo caso ci si riferisce agli acquisti di generi alimentari, di prodotti per le faccende domestiche, di oggetti di uso e consumo quotidiano, necessari per tutta la famiglia. Generalmente si segue l’accurata e dettagliata lista della spesa, abbiamo al seguito buoni-sconto, depliant e qualsiasi tipo di indicazione per poter risparmiare.
A “fare spesa” si è in compagnia dei figli, del marito o della moglie, o dei genitori, oppure da soli, ma con l’orologio sott’occhio perché gli impegni giornalieri sono tanti e pressanti.
Invece “fare shopping” è tutt’altra cosa. Innanzitutto non ci sono orari, poiché a quest’attività si dedica tutta la mattina, tutto il pomeriggio oppure tutto il giorno, insomma il tempo necessario, non c’è fretta. Le altre cose possono aspettare.
In questo caso, se non si è da soli, è assolutamente fondamentale scegliere la compagnia giusta. Niente di peggio che fare shopping con una zavorra che sbuffa ad ogni minuto.
Scrutare le vetrine con ammirazione e interesse, entrare nei negozi, provare capi d’abbigliamento, scarpe, accessori e quant’altro ci sia a disposizione. Tutto con la massima tranquillità. Al termine strisciare la carta e portare a casa l’acquisto più bello del mondo.
Farsi un regalo, comprare qualcosa per se stessi offre una profonda sensazione di benessere. Fare shopping è un momento gratificante, poiché è un modo per dedicare del tempo a se stessi. Non è escluso che, in quel frangente, tristezza e malumore possano scomparire temporaneamente.
Alcuni studi, realizzati in America, mettono in evidenza che, se una persona è triste o di umore cupo, lo shopping possa attivare la mente e stabilire un forte contatto con l’ambiente esterno. L’attenzione è spostata altrove, con un conseguente ridimensionamento della tristezza.
Tuttavia il dubbio rimane sull’efficacia terapeutica. Una volta terminato l’effetto di euforia dello shopping la persona torna nuovamente nel suo stato di tristezza.
Per cui lo shopping fatto per “terapia”, come risoluzione degli stati d’animo, rischia di diventare una vera e propria forma di dipendenza.
D’altro canto il consumismo si basa anche su questo aspetto: creare l’illusione di non poter fare a meno di un oggetto e che acquistandolo possa donare la felicità.
Fare shopping è davvero piacevole, ma non deve essere usato per cercare la felicità.
[Fonte testo: Massimiliano Briganti, educatore professionale]
[Fonte immagine: http://www.inspireyourlife.gr/ ]