I bambini al nido? Si, per il loro bene!
Perchè per portare i figli all'asilo nido.
Sempre più spesso i genitori lasciano i propri figli all’asilo nido, soprattutto per necessità lavorative. Ma non sanno (o forse si) quanto bene faccia ai bambini frequentare un ambiente diverso dalla casa e trovarsi di fronte ad altri coetanei.
Ovviamente bisogna mettere in preventivo le difficoltà dei primi giorni: pianti, malesseri improvvisi, facce corrugate e imbronciate. Il periodo iniziale al nido si chiama “inserimento”. Sono i primi giorni di questa nuova esperienza. Il bambino vive una situazione completamente nuova, con persone adulte mai viste e coetanei altrettanto sconosciuti.
Le parole d’ordine: pazienza, tenacia, dolcezza e comprensione.
In alcune strutture, durante l’inserimento, il genitore può rimanere all’interno del locale, stando in disparte, consentendo al figlio di sperimentare in tutta serenità le novità. Di volta in volta la permanenza del genitore diminuisce, il bambino prende sempre più familiarità.
Se la separazione è davvero difficile, ecco in aiuto la famosa “copertina di Linus”, l’oggetto transizionale di Winnicott. Il bambino può portare con sé un gioco, un peluche, un oggetto, che impregnato degli odori dei genitori e della casa, gli danno sicurezza. Piano piano conquisterà l’autonomia e sarà lui a lasciare da parte l’oggetto per dedicarsi al gioco e ai compagni.
Altro scoglio? Il confronto con i pari. Talvolta l’impatto iniziale con i coetanei può causare scontri. I bambini sono tutti egocentrici: i giochi che vedono intorno a loro li vogliono tutti per sé, difficilmente lasciano avvicinare qualcuno, la condivisione e la collaborazione sono cose che devono imparare. Ma le apprenderanno soltanto vivendole insieme agli altri.
La frequentazione del nido è positiva anche per altri motivi.
Se a casa il bambino è inappetente, o mangia soltanto alcuni alimenti, qui si può verificare la svolta. Si sa, quello del pasto è il momento conviviale per eccellenza e anche i bambini ne sono deliziati, soprattutto quando sono fra di loro. Seduti al tavolo insieme, tutti mangiano le stesse cose. Capita che per curiosità, o per imitazione, anche i più schizzinosi, si lasciano convincere e finalmente iniziano a mangiare altri cibi.
Stessa cosa succede con il linguaggio. Molto dipende dall’indole più o meno estroversa del bambino. E’ importante ribadire che ogni persona è una storia a sé, non facciamo confronti e né paragoni. Quindi ci sarà chi, verso i due anni, pronuncerà qualche parolina storpiata, perché magari è più estroverso e chi invece, essendo più timido, comunica ancora con suoni aiutandosi con i gesti. Ma la vicinanza e la convivenza con i coetanei stimolerà la comunicazione e anche i più introversi troveranno modo per esprimersi.
I bambini hanno assolutamente bisogno dell’affetto e dell’attenzione dei genitori e degli altri familiari, che non cesserà, ma hanno anche il diritto di vivere esperienze positive e di stare insieme ad altri bambini.
[Fonte testo: Massimiliano Briganti, educatore professionale]
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