La Psicologia Cognitivo-Comportamentale
Che cos'è e quali sono le caratteristiche peculiari.
La storia della psicologia cognitivo-comportamentale, non è nata come un orientamento teorico a sé, bensì ha raccolto una serie di concetti eterogenei tra loro, provenienti da approcci differenti e appartenenti a epoche storiche diverse.
L’aspetto “comportamentale” deriva dal Comportamentismo, corrente teorica sviluppata agli inizi del XX secolo dagli studiosi J.B. Watson, I.P. Pavlov, E.L. Thorndike e B.F. Skinner. Tale disciplina studiava il comportamento osservabile, ossia le risposte delle persone a determinati stimoli ambientali, e come tali risposte potevano essere modificate introducendo dei condizionamenti. Gli studi svolti in questo ambito si sono rivelati particolarmente fruttuosi nell’ambito delle fobie, portando tecniche molto efficaci per riuscire a desensibilizzare il soggetto verso una situazione o un oggetto temuti.
Invece l’aspetto “cognitivo”, derivante dalla corrente del Cognitivismo, sviluppatosi nel corso degli anni Sessanta, il suo interesse è rivolto ai processi mentali, che consentono di strutturare le esperienze, di dare loro un senso e di metterle in relazione vicendevolmente. Seguendo questa prospettiva, alla base di ogni disturbo ci sono delle distorsioni di pensiero, che generano convinzioni errate. Nel tempo tali distorsioni si trasformano in veri e propri schemi di pensiero più o meno stabili, e che portano l’individuo ad entrare in un circolo vizioso che si autoalimenta.
Ad esempio, un soggetto che sviluppa il pensiero di dover essere perfetto, credenza che magari può essere alimentata e supportata dall’ambiente circostante, tutte le volte che commette un errore, avrà la tendenza a provare e nutrire sentimenti negativi. In tale situazione sussiste una distorsione del pensiero. L’aiuto che viene dato a questa persona, con una terapia cognitivo-comportamentale, è di mettere in discussione questo modo di pensarsi e sostituirlo con altre idee, offrendo una visione positiva.
In questo approccio psicologico, un altro aspetto che viene considerato è il lavoro sulle emozioni. Grazie al terapeuta, il soggetto impara a prendere confidenza con la propria sfera emotiva. Vive le emozioni, le riconosce e riesce piano piano a gestirle.
Coloro che si avvicinano alla psicologia cognitivo-comportamentale, nel tempo, riescono a costruire nuovi modelli di riferimento, di interpretazione e di comportamento. Nuovi schemi di pensiero e di comportamento che si consolidano e che offrono l’opportunità di vivere in maniera diversa.
Le caratteristiche di questo approccio sono diverse, vediamo le principali:
1) lavoro su un obiettivo specifico, il terapeuta, a seguito di una valutazione diagnostica, concorda insieme alla persona uno o più obiettivi da raggiungere, elabora una sorta di piano d’intervento;
2) collaborazione, al soggetto che si rivolge allo specialista, viene richiesto di essere attivo e collaborativo, le diverse strategie di lavoro vengono certamente proposte dal terapeuta ma in accordo con il paziente, non deve vivere passivamente la situazione, o aspettare che gli eventi accadano;
3) qui e ora, la storia pregressa del soggetto è ovviamente importante, ma il lavoro terapeutico si basa sull’elaborazione di ciò che accade nel presente;
4) flessibilità, in base alla gravità della situazione è possibile che, oltre agli incontri periodici, sia necessario integrare con un trattamento farmacologico;
5) efficacia a lungo termine, generalmente un percorso di questo tipo ha una durata che va dai 3 ai 12 mesi (dipende sempre dalla gravità della situazione), seguito un periodo di monitoraggio, dopo di che la persona è in grado di gestirsi e mantenere i nuovi schemi per lungo tempo.
[Fonte testo: http://www.apc.it/ ]
[Fonte immagine: http://www.sheehanbrooke.org/ ]