Una strategia per la risoluzione dei conflitti fra condomini e vicini di casa.
La mediazione di comunità.
In Olanda e nel Regno Unito, già nei primi anni del 2000, hanno iniziato ad utilizzare questa strategia elaborata molto tempo fa a San Francisco. I frequenti contrasti spesso impediscono una convivenza pacifica, inducono un malumore di sottofondo, che porta i vicini a farsi dispetti, a discutere animatamente e nei casi più gravi ad aggredirsi con violenza.
Facciamo un passo indietro, vediamo che cosa c’è alla base dei litigi. Diverse sono le motivazioni, intanto va considerata la cosiddetta teoria della “frustrazione/aggressività”. Ognuno di noi accumula quotidianamente energie derivanti dall’impossibilità di soddisfare i propri bisogni (frustrazione), questa energia deve trovare necessariamente una via di scarico. Il comportamento aggressivo che emerge può essere rivolto verso la reale causa della frustrazione oppure verso un bersaglio secondario, che non ha niente a che fare con la questione. Ecco che la persona, dopo una giornata estenuante, rientra a casa per rilassarsi e invece trova il vicino che tiene il volume della TV troppo alto, oppure stende il bucato e lascia sgocciolare l’acqua nel suo terrazzo, ecc. è possibile che nasca un’animata discussione.
Lo stile di vita attuale è all’origine di un forte stress collettivo, spesso si è costretti a tollerare troppo fuori dalle mura domestiche, alla fine mal sopportiamo ciò che accade in casa, nel nostro territorio personale. Le urla dei bambini, l’auto parcheggiata nello spazio condominiale, possono essere fonte di stress supplementare e il condomino può trasformarsi in un bersaglio facile e diventare la valvola di sfogo di insoddisfazioni che hanno origine altrove.
Un’altra possibile interpretazione è che la realtà non è unica e oggettivamente data; le realtà sono tante quante gli individui coinvolti. Questo vuol dire che è difficile percepire il mondo al di fuori della personale percezione. Gli individui si sperimentano come onnipotenti, liberi da ogni vincolo morale, accettando soltanto le norme autoimposte, poiché hanno smarrito ogni legame di appartenenza con il gruppo sociale. I comportamenti degli altri sono interpretati e vissuti come gravi violazioni nei loro confronti. La ripetizione di episodi disturbanti può indurre l’individuo a perdere momentaneamente il controllo delle proprie azioni e mettere in atto un comportamento imprevedibile e magari violento.
La strategia della mediazione di comunità viene condotta da persone che hanno seguito un’apposita formazione e che vivono nello stesso condominio in cui operano. Il training prevede l’apprendimento di abilità come l’ascolto attivo, il problem solving, il saper porre le domande e il saper riformulare le questioni proposte dalle parti, la gestione delle emozioni e così via. Lo scopo principale è riuscire a far si che i cittadini si incontrino per discutere delle divergenze e arrivino ad elaborare una soluzione condivisa del problema.
Spesso la causa principale dei litigi è da ricondursi a fraintendimenti a livello di comunicazione; il primo obiettivo è quello di facilitare il dialogo, presentare nuove forme di comunicazione efficace. Altro aspetto importante è cercare di ristabilire tra vicini e condomini relazioni positive e durevoli, così da incentivare la coesione sociale.
Il mediatore ha il compito di condurre i vari soggetti coinvolti nella disputa a individuare una soluzione che sia soddisfacente per tutti; non propone, né impone le proprie idee, ma stimola i diretti interessati. Infine incoraggia il cosiddetto “empowerment” dei partecipanti, ossia l’interiorizzazione della capacità di affrontare in modo autonomo eventuali ulteriori situazioni problematiche, trovando punti di incontro prima che si trasformino in conflitti espliciti.
[Fonte di queste informazioni: Psicologia Contemporanea]